Trasfiumazione #1 - Cattedrali vegetaliCattedrali vegetali è una ricerca artistica iniziata nell’inverno del 2021 e tutt’ora in corso che sviluppa un approccio visivo e immaginativo ad un pezzo di mondo, il paesaggio fluviale del Po mantovano, contenuto all’interno del Mondo propriamente detto. Quest’opera aperta rivolge lo sguardo e l’attenzione a piccole lingue di terra tra l’alveo del fiume e i campi coltivati; margini frastagliati in continuo mutamento che sfuggono al disegno geometrico imposto alla superficie della Pianura Padana. In questi luoghi marginali una pianta di origine americana, il Sycios angulatus, ha trovato casa, messo radici e costruisce ogni anno spazialità variabili che, mutando forma in variazioni minime, ridefiniscono questo micro-paesaggio continuamente. Queste formazioni naturali hanno un carattere ambivalente; da un lato sono catalogate come infestanti e pericolose per la vegetazione autoctona, quindi da eliminare per garantire la prosperità di altre piante. Dall’altro, nel loro configurarsi come architetture effimere, diventano casa per gli animali selvatici generando delle cittadelle vegetali fittamente abitate e perlopiù nascoste ad una visione veloce. Costruiscono lo spazio attorno a piccole radure, alzano le loro fitte cortine arrampicandosi sui tronchi e sui rami degli alberi che hanno attorno e fanno cadere i loro tendaggi vegetali per gravità, ricordando i sistemi costruttivi delle tende e delle capanne diffuse tra molte popolazioni del mondo. Qualche volta appaiono dall’esterno chiuse in sé stesse, impenetrabili se non per il buco circolare di una tana, altre volte presentano un ingresso e uno spazio vuoto al centro dove potersi sedere su un immaginario tappeto per stare in ascolto del fuori, circondati da una membrana permeabile al mondo esterno. “Dentro una tenda il pavimento è un tutt’uno con il suolo, il soffitto è parzialmente aperto al cielo e le pareti a membrana impediscono la vista delle terre circostanti, ma restano comunque in contatto tattile, sonoro, olfattivo con il mondo esterno” (Meschiari, 2018). Sulla superficie fotografica incido instabili strutture architettoniche, scheletri, figure geometriche che scavando nello spazio rappresentato ne generano un terzo, un mindscape che si apre alla possibilità di concepire il paesaggio come casa. Le variazioni minime di queste architetture immaginarie riflettono un movimento nel tempo e nello spazio, un adattarsi continuo e flessibile del corpo vegetale e umano a ciò che sta nell’immediato intorno e alle sue mutazioni. |